Quante volte abbiamo camminato nel bosco e ci siamo sentiti parte di un qualcosa di più grande? Quante volte abbiamo percepito la potenza delle piante? Se abbiamo ascoltato veramente la magia, avremo in noi una domanda inevitabile: le piante si possono dire intelligenti? Ebbene, la risposta è sì, ma in che modo? La loro intelligenza è inferiore a quella umana? Superiore? O semplicemente diversa? Dietro alla risposta a queste domande, certamente tutt’altro che semplice, si celano anni di ricerche che ci spingono a metterci in dubbio ed aggiungere un significato ancora più profondo alla vita. Andiamo dunque a scavare in un milione di domande e risposte a dir poco affascinanti. Avventuriamoci nel mondo delle piante.
Prima di capire di che tipo di intelligenza parliamo, torniamo al principio. Che cos’è l’intelligenza? L’interessantissima risposta del professor Stefano Mancuso è che “esistono tante definizioni di intelligenza quanti sono i ricercatori a cui è chiesto di definirla“. Tuttavia, specifica poi che “la capacità di risolvere problemi è la definizione di intelligenza che trovo più condivisibile“. Se dunque prendiamo la capacità di problem-solving come un modus operandi degli organismi dotati di intelligenza, ad un primo sguardo disattento le piante potrebbero non sembrare far parte di questa categoria. Perché? La risposta semplice è che un requisito fondamentale dell’organizzazione umana per come è fatta è quello di “muoversi e muoversi in fretta“. Le piante non si muovono. A questo punto, avviene la rivelazione: le piante devono risolvere i problemi proprio per il fatto che non si possono muovere. La razza umana, anziché risolvere i problemi, tende ad evitarli tramite il movimento.
Se ci pensiamo, un’altra caratteristica dell’intelligenza è la capacità di comunicare. Le piante lo fanno tramite le radici. L’uomo, avendo la possibilità di spostarsi, non ha bisogno di essere profondamente in contatto con l’ambiente per percepirne anche un minimo cambiamento allo scopo di poter sopravvivere. Le piante, invece, possono capire ogni minima modifica dell’ambiente circostante per modificare la propria fisiologia in accordo con i cambiamenti che stanno avvenendo. E non solo: possono anche rilasciare delle sostanza chimiche nel terreno e nell’aria per comunicare alle piante attorno a loro quello che sta succedendo. Una percezione così sottile si attiva con largo anticipo prima che il pericolo si avvicini. Ciò ci fa pensare molto. La nostra cognizione delle piante come un essere privo di intelligenza risale anche al nostro linguaggio. Ci riferiamo infatti a qualcuno in uno stato vegetativo quando pensiamo ad una persona priva di sensi, che non vede, non sente, non percepisce la realtà. Come abbiamo appena capito, ciò è esattamente l’opposto nelle piante.
In un’intervista, il professor Stefano Mancuso ci racconta di un esperimento fatto da lui e una sua ricercatrice (Monica Gagliano). Presero una piantina di mimosa pudica, la quale chiude le proprie foglie quando si sente attaccata o in pericolo. La fecero cadere da un’altezza di cinque centimetri, ripetutamente, varie volte. Non appena le foglie si riaprivano, l’esperimento ricominciava da capo. Dopo svariate cadute in cui alla pianta non succedeva nulla in seguito, questa manteneva le sue foglie sempre aperte. La mimosa pudica aveva capito che alla causa caduta non corrispondeva alcun evento pericoloso. Se quella piantina venisse fatta riposare in una serra per due mesi, la ripetizione dello stesso esperimento non farebbe richiudere le sue foglie, nemmeno a distanza di anni. Ciò è causato dal fatto che essa ha ormai imparato che non le succederà nulla di male in quella determinata situazione.
Le piante non hanno un cervello. Questo, agli occhi di molti, le escluderebbe dalla categoria di esseri intelligenti. Tuttavia, ciò non è assolutamente vero. Anzi, potremmo dire che sono ancora più evolute rispetto all’uomo. Come precisa il professor Stefano Mancuso, noi abbiamo o un organo o al massimo due per sostenere le nostre funzioni vitali. Il cervello è l’organo che produce pensieri, vediamo con due occhi, sentiamo con due orecchie, digeriamo con un intestino. Abbiamo un solo pancreas. Solo due polmoni. Un unico cuore. Se non funziona qualcosa all’interno del nostro corpo, o non funzioniamo più come prima o moriamo. Le piante hanno un modo totalmente diverso di distribuire le proprie percezioni, ossia in ogni parte di loro stesse. Tutte le loro sensazioni del mondo sono presenti all’interno di tutta la loro struttura, dunque non perdono la loro funzionalità se viene staccato loro un ramo, ad esempio. Anche se una pianta perdesse l’80% della propria massa continuerebbe comunque a sopravvivere.
Scoprire la vera intelligenza delle piante dovrebbe porre su di loro uno sguardo prettamente più umano e rispettoso. Gli animali non sono gli unici ad avere una consapevolezza. Tutto quello di cui abbiamo discusso è vero, e dovremmo dunque cercare di non essere noi il pericolo che le piante percepiscono. Ciò dovrebbe farci capire l’importanza di questi esseri viventi. Le piante compongono l’86% della vita sulla Terra. Come tutti sappiamo, se loro non esistessero, il nostro ossigeno ci abbandonerebbe assieme alla nostra vita. Se dunque siamo di fronte a degli organismi così intelligenti e fondamentali per la nostra stessa sopravvivenza, ciò dovrebbe bastare a fermare tutti i disboscamenti. L’uomo danneggia l’ambiente che lo tiene in vita. Una pianta non lo farebbe mai. Questo aspetto, rende le piante anche più intelligenti di noi. È chiaro che non si può cambiare il mondo con un’informazione, ma lo possiamo fare tramite la consapevolezza, che è qualcosa di estremamente più profondo. Se ognuno di noi prendesse un attimo per pensare profondamente e modificare il proprio comportamento, forse potremmo essere l’inizio di una rivoluzione di cui abbiamo disperatamente bisogno.
Clicca qui per visualizzare l’intervista di Stefano Mancuso a cui mi riferisco in questo articolo.
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Emma Valenti, della provincia di Trento, residente nel Parco Naturale dell'Adamello Brenta, da sempre appassionata di trekking e laureata in Beni Culturali. Promotrice del cammino meditativo, che ci aiuta a riappropriarci della centralità dell'anima.
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