Quando si cita l’Ayers Rock (o Uluru) è impossibile non pensare all’Australia (uno dei paesi più sostenibili al mondo) di cui il massiccio, non a caso, è il simbolo.
La formazione è talmente imponente da lasciare a bocca aperta ma, ironia della sorte, ciò che fuoriesce è solo una piccola parte di quanto resta sottoterra ed è impossibile da vedere agli occhi dei visitatori.
Chissà cosa direbbero i turisti se sapessero che l’imponente Uluru dai 380 metri d’altezza è solo una parte dell’iceberg australiano! Circa 10 km, infatti, sono invisibili a quanti si recano presso questo particolarissimo luogo.
Patrimonio mondiale dell’umanità dal 1987, l’Ayers Rock si trova nella zona federale del Northern Territory. Siamo a circa 450 chilometri da Alice Springs, la città più vicina e questo elemento già da solo rende l’idea della vastità e delle emozioni che può suscitare il monolite.
Invero, anche se la maggior parte delle persone crede si tratti di un unico blocco, l’Ayers Rock è formato da altri due monti: il Kata Tjuta e il Conner.
Il Kata Tjuta è esteso per 21 kmq e il suo nome vuol dire, appunto, “tante teste”, quelle che ricordano le cupole di quest’altura che, insieme all’Ayers Rock, a 25 km distanza, formano il Parco nazionale Uluru-Kata Tjuta.
Il Monte Conner che spesso viene confuso con l’Ayers Rock anche se è più piatto, è lontano 88 km dall’Uluru.
Alcuni credono somigli ad una balena, altri alla schiena di un grande gigante addormentato. In effetti è proprio questo che sembra l’Ayers Rock: un massiccio dormiente.
Forse proprio per questa ragione esistono tanti miti che ruotano intorno alla spettacolare “pietra sacra” agli Aborigeni australiani, miti che trovano degna rappresentazione mediante gli affreschi rupestri lungo le mura del massiccio simbolo dell’Australia.
Anche se all’apparenza sembra liscio, l’Uluru è infatti ricco di caverne e segni erosivi oltre che di dipinti rupestri aborigeni cui negli anni si è cercato di dare spiegazioni.
Uno di questi riporta a Tatji che sta per “lucertola rossa”: l’animale avrebbe gettato il suo boomerang, strumento molto caro alle popolazioni del luogo, proprio in direzione dell’area dove oggi si trova l’Ayers Rock.
In seguito, non trovandolo più, Tatji avrebbe scavato talmente tanto da fare dei solchi sulla superficie del massiccio, quelli che tutt’oggi sono ravvisabili.
Altra storia legata all’Ayers Rock riguarda due fratelli a caccia di un emù che, una volta macellato, avrebbe dato vita ad una contesa con gli Uomini lucertola. Da questo litigio dipartì un incendio che arse vivi alcuni di loro e i cui resti sono testimoniati da alcuni macigni presenti.
Volendo fare capo alla scienza, invece, troveremo le testimonianze di alcuni esperti che ritengono l’Ayers Rock derivante dai resti di un satellite riconducibile, per alcuni versi, alla luna marziana Fobos.
Qualunque sia l’origine del massiccio, una cosa è certa: lascia davvero a bocca aperta.
Perfetto connubio tra arte e natura è espresso dall’installazione luminosa ad opera di Bruce Munro, realizzata nel 2016 e visibile fino al 2020.
Un’esplosione di colori artificiali ma alimentati da luce solare che va ad innestarsi nel già particolarissimo gioco di sfumature offerto dal massiccio: un’esperienza unica nel cuore dell’Australia.
Ben 50.000 sfere colorate rendono la notte di Ayers Rock ancora più particolare.
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