Rifugio Elena sull’Aconcagua: una storia di rinascita da una tragedia

Redazione  | 03 Lug 2017

A 6mila metri di altezza, in un piccolo falso altopiano chiamato Plaza Còlera, il Rifugio Elena è il più alto del mondo. Si trova sull’Aconcagua, che sfiora i 7metri di quota nella Cordigliera delle Ande, zona occidentale dell’Argentina, provincia di Mendoza.

È dedicato alla memoria di Elena Senin, alpinista italiana di 38 anni, originaria di Ivrea: proprio qui ha perso la vita il 6 gennaio 2009, mentre con alcuni amici aveva scalato questa che è la cima più elevata della Catena montuosa americana.

L’evento e la tempesta

Arrivato in zona prima di Natale, a Capodanno il gruppo, dopo il necessario periodo di acclimamento (si sale e si scende più volte) inizia la salita, accompagnato dalla guida esperta Federico Campanini, originario di Mendoza.

Nessuno di loro è uno sprovveduto, sono tutti competenti e pratici di vette e scalate. Insieme superano prima il Rifugio Libertad a 5.900 metri e poi la Cuesta del Vento a 6.300 metri, da dove si scorge la punta del monte.

Qui tutti decidono di lasciare gli zaini e di salire in cima prima del buio. Ci riescono ma vengono sorpresi da una brutta tempesta, il pericolo numero uno dell’Aconcagua che almeno in apparenza ha un’ascensione facile poiché i suoi pendii non superano i 30 gradi, non servono corde o altri attrezzi da scalata (c’è chi ci è salito anche con la mountain bike). L’altitudine però causa violente bufere di vento e neve per l’incontro di correnti di aria fredda in grado di far scendere facilmente la temperatura.

Nel ritornare giù, ormai la visibilità è ridotta a zero, i ragazzi sbagliano strada, imboccano il Ghiacciaio dei Polacchi, in pratica una lunga lastra di ghiaccio che scende a valle per mille metri. Qui Elena scivola e la guida, dopo comunque aver lanciato l’allarme via radio, entra in ipotermia e non riesce a sopravvivere, nonostante l’arrivo dei soccorsi. Gli altri del gruppo Mirco Affasio, Matteo Refrigerato, Marina Attanasio, vengono salvati in extremis: caricati in spalla, hanno mani e piedi congelati. Ma sono vivi.

La struttura

Il Rifugio Elena o Capanna Elena, come la chiamano in zona, è stata regalata all’Aconcagua dai genitori della sfortunata alpinista, in modo che chiunque, trovandosi a quelle altezze, possa trovare un luogo dove ripararsi e anche un punto in cui possano appoggiarsi eventuali soccorritori agli andinistas, i frequentatori delle Ande.

Per costruire la struttura, i materiali (per un totale di 900 chili) sono stati tutti trasportati a spalla, pezzo dopo pezzo, pannelli d’acciaio per celle frigorifere con il cuore di poliueratono, placche  di legno rivestito di polietilente isolante per il pavimento, uniti per formare pareti e tetto tramite bulloni rinforzati in acciaio.

E poi c’è stato il trasporto di quei pesanti e robusti cavi d’acciaio che con appositi tiranti hanno ancorato il tutto alla roccia, progettati per resistere ai venti fortissimi che colpiscono qui. Ci sono voluti due anni di lavoro per costruire il rifugio che è lungo 3 metri, largo 2 metri e alto altrettanto.

Come si arriva

Al rifugio, e alla vetta dell’Aconcagua, si giunge partendo dalla città Puente del Inca per arrivare poi ai campi base di Plaza de Mulas, a 4370 metri, o Plaza Argentina, 4900, dove si svolgono le fasi di acclimatazione e di preparazione alla salita che avviene rispettivamente dalla cosiddetta Via Normale o dal Ghiacciaio dei Polacchi.

Redazione
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