Le Torri del Vajolet non sono giusto dei massi di roccia sparsi nel cielo. Fra le (troppe) cose belle delle Dolomiti, fanno la loro parte come icona, testimoni di imprese alpinistiche da non dimenticare. Camminare qui equivale ad un paio di cose da tenere conto: il mondo è stato scolpito dal tempo ben prima di noi, i sentieri sono bellezza pura e, soprattutto, la fatica e la tecnica sono compagni, qui. Oggi GoodTrekkers vi rendiamo partecipi di come arrivare alle Torri del Vajolet, assicurandovi solo una cosa: serve tecnica. Non è per tutti, sa essere pericoloso, sa essere pure una delle soddisfazioni più grandi che potete fare, ma esclusivamente a patto di avere molta esperienza. Con le dovute precauzioni, ma… si va?
Il punto di partenza per le Torri del Vajolet è il Rifugio Gardeccia, raggiungibile con la funivia da Vigo di Fassa e una navetta da Pian Pecei. Qui si comincia a respirare aria buona e si cammina subito in mezzo a boschi di conifere e radure che, in stagione, sembrano tirate fuori da un’enciclopedia alpina. Fiori ovunque, erba viva, niente combo ferro+carbone+clacson, ma solo passi e vento.
Il sentiero prende quota piano, mai troppo impegnativo in questa prima parte, e in cambio vi regala viste sempre più ampie sul Gruppo del Catinaccio. Dopo circa un’oretta abbondante si arriva al Rifugio Vajolet, dove il panorama comincia a farsi serio: le Torri del Vajolet si vedono già in tutta la loro verticalità. Un sipario roccioso e già qui vale la pena prendersi del tempo solo per guardare.
Da qui in poi, però, si alza vertiginosamente il tiro. E lo ribadiamo: non è per chi manca di esperienza. La salita al Rifugio Re Alberto 1° – Gartlhütte non è lunga, ma è tosta: fondo scivoloso, tratti ripidi, a volte affollati. Se non siete pratici niente da fare, passo sicuro e una certa abitudine alla quota sono necessarie almeno da qua. Ma la ricompensa è netta, 2.621 metri e una visuale che prende tutto, dalle valli sotto ai profili ostili e aguzzi delle Dolomiti.
Chi ha ancora energia può tentare la Via ferrata del Passo Santner, altrimenti ci si gode il rifugio, ci si siede e si sta. Magari però potrebbe tornarvi più comodo sorseggiare qualcosa al tavolo e parlare di qualche curiosità.
Quando si cammina tra le Dolomiti di solito ci si porta dietro zaino, fiato e spesso anche un bel po’ di ignoranza, ma nel senso buono. Per davvero: perché a furia di guardare le cime ci si dimentica che certi posti non sono solo belli da vedere, ma sono seriamente pieni di storie, stranezze geologiche e imprese al limite. Come anticipato prima, le Torri del Vajolet non fanno eccezione, tutt’anzi: sudore, millenni di trasformazioni e cose veramente belline da sapere.
Scrivo cose per professione. Paragono dettagli per passione. Accarezzo gatti per amore. Laurea in Comunicazione, classe '94, un uomo semplice: vedo cose belle, metto like. Poi mi incuriosisco, mi informo e vi rendo partecipi di dove crearvi bei ricordi.
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