C’è qualcosa di magico nel Monte San Vicino, soprattutto in autunno quando i boschi si tingono di rame e oro e l’aria ha quell’odore di terra umida e foglie bagnate che sa di cammino e di pace. È un monte che sembra cambiare forma a seconda di dove lo osservi, come se avesse mille volti e non volesse mai mostrarsi del tutto. Da Matelica appare massiccio e rotondo, quasi bonario, ma basta spostarsi verso Apiro o verso il lago di Castreccioni per scoprirlo aguzzo, slanciato, con la cresta che ricorda un profilo montano alpino. È un gioco di prospettive e di luce che cattura chiunque lo guardi.
Salire verso la sua vetta è un viaggio nel cuore più autentico delle Marche. Lungo il sentiero si respira un silenzio vivo, interrotto solo dal fruscio delle foglie e dal richiamo lontano di un falco. L’aria è tersa, a tratti profumata di ginepro e legna arsa, e ogni passo porta con sé un senso di scoperta e calma profonda.
Si parte da Elcito, il piccolo borgo di pietra sospeso sul fianco del monte, spesso chiamato “il Tibet delle Marche” per la sua posizione isolata e suggestiva. Da qui inizia un percorso che attraversa boschi di faggi e querce, alternando tratti dolci a salite più decise. Dopo un primo tratto nel bosco, il sentiero si apre su Pian dell’Elmo, un altopiano luminoso dove in primavera sbocciano narcisi e orchidee spontanee e in autunno la nebbia sale come un velo leggero, rendendo tutto ovattato.
Proseguendo si raggiunge la vetta del Monte San Vicino (1479 m), dove il panorama si apre in un abbraccio che va dal mare Adriatico fino ai Sibillini. Nelle giornate limpide si distinguono i profili del Monte Conero e del Monte Vettore e il vento che soffia forte porta con sé il profumo della resina e il rumore secco dei rami che si piegano.
La discesa riporta lentamente verso il punto di partenza, regalando altri scorci unici come la vista sul Lago di Castreccioni e sulla Valle di San Clemente. È un percorso che cambia con la luce del giorno, con le stagioni, con l’umore del cielo. Ogni tratto sembra raccontare qualcosa di nuovo, come se il monte stesso volesse svelarsi un po’ alla volta.
Il Monte San Vicino è avvolto da leggende e curiosità che ne accrescono il fascino. Gli abitanti della zona dicono che il monte abbia un’anima, che osservi i villaggi sottostanti e che cambi aspetto per ricordare a chi lo guarda che nulla in natura è mai uguale a sé stesso. In realtà il fenomeno ha spiegazioni geologiche: la sua forma piramidale è irregolare, scolpita da antiche spinte tettoniche e dall’erosione, e ogni versante racconta una storia diversa.
Un tempo i pastori salivano fin sulla cima con le greggi per trascorrere l’estate nei pascoli alti. Oggi, in autunno, i sentieri si riempiono di escursionisti e fotografi che cercano di catturare il momento perfetto, quando le nuvole basse si adagiano sul crinale e il monte sembra fluttuare nel cielo.
C’è chi dice che il San Vicino abbia un legame sottile con il Monte Sibilla, il monte delle leggende marchigiane, quasi come due guardiani che vegliano da lontano sulla stessa terra. Forse è solo poesia, ma chi cammina qui non può fare a meno di sentirla, quella vibrazione leggera che accompagna i passi e riempie l’animo di gratitudine.
E quando si torna a valle, dopo ore di cammino tra boschi e silenzi, si ha la sensazione di aver guardato non solo un monte ma un essere vivente che respira insieme alla terra. Il Monte San Vicino rimane dentro come un ricordo luminoso, mutevole, proprio come la sua forma che non si lascia mai catturare del tutto.
Sono Alessio Gabrielli, ho 27 anni. Laureato magistrale presso l'Università La Sapienza di Roma in Media, comunicazione digitale e giornalismo. Mi occupo dal 2022 della gestione editoriale del sito GoodTrekking portando avanti la mia passione per il trekking e l'outdoor
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