Ci sono luoghi che non si raggiungono solo con le gambe, ma anche con un certo stato d’animo. Il Rifugio Puflatsch, arroccato oltre i 2.000 metri sull’Alpe di Siusi, è uno di quei posti che sembrano messi lì apposta per ricordarti che la montagna, prima ancora che panorama, è esperienza. E quando il cielo è limpido e il vento porta solo profumo di pino mugo, salire fin qui è più simile a una rivelazione che a un’escursione.
Il punto di partenza è la stazione a monte della Cabinovia dell’Alpe di Siusi. Da lì, il sentiero 14A si inerpica dolcemente lungo il crinale del Puflatsch: un balcone naturale sul massiccio dello Sciliar, con lo Sassolungo e il Sassopiatto che sembrano a portata di mano.
Un’ora scarsa di cammino, adatta anche a famiglie e a chi vuole godersi la montagna senza fretta. Il dislivello è minimo, ma l’impatto emotivo è massimo.
Il Rifugio Puflatsch (Schgaguler Schwaige) ti accoglie come una casa in quota: legno caldo, stufe accese anche in piena estate, e un sorriso sincero dietro al bancone. Niente di forzato, nessun lusso apparente, ma tutto quel che serve per sentirsi “arrivati”. E poi c’è la terrazza, quella terrazza. Da lì si domina l’Alpe come da un palco privilegiato: sotto, i pascoli ordinati e silenziosi; davanti, le Dolomiti che cambiano colore a ogni ora del giorno.
Mi siedo su una delle panche, ordino una zuppa d’orzo e un bicchiere di Schüttelbrot con speck. Cose semplici, ma che qui – sarà l’altitudine, sarà la fame – sanno di autenticità. Osservo i volti degli altri escursionisti: molti sorridono senza parlare. È come se il silenzio fosse parte del menù.
Il rifugio non è solo un punto di sosta, è anche base ideale per chi vuole esplorare la zona. Poco più avanti, il punto panoramico del “Panorama” offre una vista a 360° su tutto l’Alto Adige, fino alle Odle e al Catinaccio. Chi ha ancora fiato può allungare verso le Hexenbänke, le leggendarie “panchine delle streghe”, incastonate tra le rocce come troni antichi. Storie e leggende si intrecciano a ogni passo, e la sensazione è quella di camminare dentro un racconto.
Quando scendo, nel tardo pomeriggio, il sole è basso e il cielo si tinge di rame. Il rifugio resta alle spalle, piccolo, quasi invisibile nella vastità dell’Alpe. Ma dentro di me qualcosa si è fermato lassù: forse il senso di pace, forse il profumo del larice, forse solo il ricordo di un posto dove ci si sente davvero accolti.
Il Rifugio Puflatsch non è solo uno dei più accoglienti dell’Alto Adige. È uno di quei posti che ti insegnano, senza dire una parola, che a volte basta salire un po’ più in alto per vedere meglio anche dentro di sé.
Emanuele Ferretti, per gli amici Manè, è da sempre un grande appassionato di viaggi e avventura. La passione per la fotografia e per la natura lo ha portato a scoprire il mondo con i mezzi più disparati: dalla canoa, alla moto, al paramotore, al trekking.
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