Siamo in Turchia, in una zona nota sin dai tempi antichi per i suoi insediamenti abitati, ma che oggi scopriamo all’insegna del trekking a Pamukkale.
Ci troviamo nell’omonimo comune di Pamukkale, nella provincia centro-occidentale di Denizli, a 572 chilometri da Istanbul e a 474 da Ankara, la capitale turca, in una zona nota per i suoi siti Patrimonio dell’Umanità UNESCO: la stessa Pamukkale e la città antica di Hierapolis, insediamento di origine greco-romana in quella che era originariamente conosciuta come la provincia della Frigia.
Castello di cotone, questo è il significato del nome di Pamukkale in turco. Castello perché si erge su una parete rocciosa con grande dispendio di bellezze e di panorami; cotone, perché il bianco accecante delle sue rocce, dalla forma spesso curiosa, ricorda dei batuffoli di cotone.
Pamukkale e Hierapolis sono due luoghi tanto diversi quanto, in realtà, uniti in una simbiosi storico-naturale davvero impressionante. Il sito naturale di Pamukkale, una serie di grandi piscine di acqua calda che sgorga dalla terra, è la “base” sulla quale venne costruita Hierapolis, una città dall’impianto urbanistico tipicamente ellenico, sottolineato dalla presenza della plateia, strada principale dalla quale poi si diramano strade e quartieri disposti con precisione geometrica estrema.
La forte sismicità della zona di Pamukkale-Hierapolis ha più volte distrutto gli insediamenti urbani, come nel 60 dopo Cristo: tra il I e il II secolo la ricostruzione romana consegnò a Ierapoli una serie di straordinari edifici pubblici, come il Teatro romano e la Porta di Fiorino, che sono fortunatamente visibili ancora oggi.
Tra gli elementi di particolare pregio e interesse troviamo poi quella che gli storici vogliono essere la tomba dell’apostolo Filippo: vi è stato infatti ritrovato un sigillo bronzeo (ora conservato negli Stati Uniti d’America), una chiesa risalente al V secolo, una sepoltura a sacello di evidente origine romana, ma anche bagni nei quali i fedeli, probabilmente, facevano abluzioni rituali.
Torniamo ora alla natura, e a Pamukkale intesa come quella zona dalla forte colorazione bianca che tanto suscita l’interesse dei turisti. L’area si estende su una lunghezza di poco inferiore ai 3 chilometri, mentre l’altezza raggiunge i 160 metri, definendo così una sorta di bianca collina visibile anche a decine di chilometri di distanza.
A cosa si deve il particolare colore della pietra? A una reazione chimica derivata dalla forte presenza, nelle acque che sgorgano dalla terra, di calcio ionizzato e anidride carbonica che, legandosi tra loro, formano acido carbonico. Una volta “all’aperto”, l’anidride carbonica si disperde nell’aria, lasciando così a terra il carbonato di calcio che, raffreddandosi, si solidifica e schiarisce.
I forti afflussi turistici della seconda parte del Novecento hanno rischiato di distruggere quasi totalmente Pamukkale. Strade asfaltate, addirittura alberghi costruiti nel pieno del sito naturale, e una serie di decisioni scellerate avevano alterato in maniera apparentemente irreversibile l’equilibrio fragile di questo sito.
Grazie alla tutela UNESCO, si è proceduto all’eliminazione di tutti gli elementi alieni, e grazie a un controllo strettissimo del sito, anche con il prosciugamento temporaneo di alcune vasche, è stato possibile recuperare la naturale bellezza di questo luogo.
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