Una riserva naturale, paesaggi da sogno e sentieri avventurosi: ecco perché devi visitare la montagna sacra del Lazio

Adriano Bocci  | 07 Mag 2024
Monte Soratte - Sant'Oreste

Ma come Costantin chiese Silvestro, d’entro Siratti a guerir de la lebbre, così mi chiese questi per maestro. Abitato sin dalla preistoria e presente nell’Inferno di Dante, a neanche 45km da Roma nel comune di Sant’Oreste c’è il Monte Soratte, sulla valle del Tevere.

Lo si vede praticamente da tutta la Sabina e incuriosisce da sempre anche per la sua forma. A nemmeno 700 m d’altezza si trova un pezzo di storia e un po’ di leggenda: si narra che sia sepolto un tesoro lì. No, purtroppo nessun One Piece, ma delle casse d’oro e gioielli rubati agli ebrei e alla Banca d’Italia, che risiedono… in un bunker. Forse.

La Riserva Naturale del Monte Soratte

Monte Soratte - San Silvestro
San Silvestro

Con tante cose da vedere e una flora molto varia, il Monte Soratte è *pieno* di sentierini da percorrere, senza contare la gemma specifica nella riserva. Il monte che incuriosisce, con la forma di nave che scava le pianure tutto attorno, è il protagonista di tutta la valle. Protagonista del Monte Soratte, invece, è la sua riserva naturale con 444 ettari di superficie e 11 sentieri diversi. Essendo centrale alla valle, il panorama, o meglio i panorami sono molteplici e dalla punta del Monte (691m) possiamo salutare il Lago di Bracciano, il Mar Tirreno, il Monte Terminillo e il Monte Amiata.

Detto questo, ricordiamoci, Roma: l’acqua e soprattutto le rocce sono molto calcaree e vanno a creare piccole grotte meravigliose, come quella di Santa Lucia. C’è anche un percorso degli eremi che finisce sulla cima del monte, all’Eremo di San Silvestro fatto sulle rimanenze di un tempio di Apollo. La chiesa, leggendariamente parlando, dovrebbe essere stata fondata invece da papa Silvestro I per evitare le persecuzioni di Diocleziano. All’eremo? Affreschi del ‘300 e del ‘400.

Apparte l’Eremo di San Silvestro ce ne sono altri 4, seppur in abbandono, ma sempre da vedere, come tutta la flora ben diversificata su tutto il Monte Soratte. Questo perché varia molto a seconda dell’esposizione: se lo definiamo un piccolo mosaico non è a caso. Nella parte a nord ci sono boschi di carpino nero, orniello, acero e leccio, mentre a sud c’è praticamente la macchia mediterranea coi lecci, gli aceri, i terebinti e i fillirea. Avete bisogno dei sentieri? Potete trovarli e scaricare la mappa qui.

Il Bunker Soratte fra menzogna e bellezza

Monte Soratte - entrata del Bunker - Cats's photos, Wikimedia
Entrata del bunker | Cats’s photos, Wikimedia

Tra una volpe e uno scoiattolo, e la fauna diversificata tanto quanto la flora, ci sono civette, picchi verdi e rossi, poiane e tanto altro. C’è anche qualcos’altro da vedere, però, nella riserva: un pezzo di storia dei tempi del Duce. Il Bunker Soratte venne fatto come parte di un progetto per un rifugio antiaereo ben esteso, ed oggi come oggi è un must fra gli storici e gli amanti delle armi che capitano in questa parte del Lazio. Il Bunker Soratte, sul Monte Soratte, è un museo pieno di storia (e armi e qualche veicolo) e anche una stazione sismica immersa in panorami meravigliosi.

Su richiesta di Mussolini vennero fatte una serie di gallerie come rifugio antiaereo per le alte cariche dell’Esercito Italiano sotto la falsa nomina di una fabbrica di armi della Breda (le officine protette del Duce). I lavori vennero fatti sotto il Genio Militare di Roba ed è una delle più importanti opere di ingegneria militare europea con 4 km complessivi sottoterra, seppur il progetto iniziale era di 14. Alla fine dei lavori della prima parte nel 1943 arrivò la Wehrmacht, comunque sfondata nell’Operazione Shingle del 1944, l’inizio della fine del regime.

Locandina del Bunker Soratte al Monte Soratte, Lazio
Dexter High | Wikimedia

Durarono 10 mesi come rifugio, resistendo a un bombardamento, ma prima di abbandonare il tutto il generale Albert Kesselring fece incendiare il complesso. Leggenda detta che Albert fece interrare 72 tonnellate di lingotti d’oro rubati alla Banca d’Italia, mai ritrovati. Difatti, post guerra, venne usata come polveriera ma il bunker divenne un rifugio antiatomico nel 1967. E così rimase. Dopo la guerra venne usata come polveriera per l’artiglieria italiana. In puro abbandono, in effetti, fino al 1967 nella Guerra Fredda, quando la Nato lo rese un rifugio antiatomico per il governo italiano e per il presidente della repubblica. I lavori furono fatti in parte fino al 1972 quando, senza effettivamente saperne il perché, vennero interrotti.

Dagli anni ‘70 l’area è stata ripresa dal Comune di Sant’Oreste ed è il centro di un progetto di recupero, fulcro di un museo storico chiamato Percorso della memoria. Il percorso è visitabile previa prenotazione: per tutte le informazioni, qui c’è il sito dell’associazione ufficiale, con le aperture e i vari dettagli.

Adriano Bocci
Adriano Bocci


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