Le Marche è un luogo dalle mille risorse, perfetto non solo per una vacanza rigenerante, ma anche per una breve fuga nel weekend. Se il tuo spirito da esploratore prende il sopravvento e desideri ammirare le meraviglie della natura avvolta dai colori autunnali, non puoi perderti un visita al Bosco di Pianacquadio. Qui i faggi secolari sembrano avere un’anima, si sentono vivi e forti. Passeggiando nel bosco, si possono quasi ascoltare le loro voci, i profumi e le sensazioni che emanano. E allora cosa aspetti? Prendi lo zaino, un paio di scarpe confortevoli e iniziamo questo suggestivo viaggio.
Prima di scoprire il percorso che abbraccia il Bosco di Pianacquadio, analizziamone le caratteristiche. I faggi regnano sovrani in un ecosistema così delicato ma, allo stesso tempo, profondamente resiliente. La storia di questo “bosco fatato” parte dal Monte Carpegna, sulla cui cima, un tempo, si estendeva. Ora, sulla sommità dell’altura, ci sono solo dei prati adibiti a pascoli. Camminando attraverso i faggi, entriamo in contatto con una delle ultime faggete a fusto così alto presenti nelle provincie di Pesaro ed Urbino. L’autunno è il periodo migliore per vivere quest’esperienza, grazie allo spettacolo del foliage.
In primavera, invece, ci sono una serie di fioriture, tra cui quelle dell’anemone trifogliata (Anemone trifolia), del croco (Crocus neapolitanus), della scilla (Scilla bifolia) e della primula (Primula vulgaris). In estate, il Bosco di Pianacquadio delizia con la fioritura del giglio martagone (Lilium martagon) e il giglio rosso (Lilium croceum). Non c’è, oltre a tali specie, una vasta varietà di flora, poiché gli alberi hanno delle chiome così fitte che la luce fa fatica a passare e raggiungere il sottobosco.
Siamo pronti ad esplorare i dintorni del Bosco di Pianacquadio. Parcheggiamo l’auto nei pressi del cimitero di Villagrande (890 metri di quota). Attraversiamo la strada provinciale per prendere il sentiero CAI 105 e continuiamo, già immersi nell’aura misteriosa dei prati sconfinati, per 400 metri circa. Quando incontriamo la strada sterrata, dobbiamo girare a destra e immediatamente a sinistra. Lasciamoci alle spalle la sciovia. Questa strada sterrata ci conduce per un sentiero a tratti dissestato e ripido. Ecco che, quasi senza rendercene conto, siamo avvolti dai prati di Monte Palazzolo. Qui ci possiamo sbizzarrire nell’osservare cespugli di biancospino, ginepro, prugnolo e rosa canina. Il panorama che osserviamo ci lascia senza fiato: il colle di Monte Boaggine con la torre bianca, il Monte Carpegna quasi interamente ricoperto da un lenzuolo di prati dedicati al pascolo, il Monte Montone e il Monte San Marco si aprono maestosi dinanzi ai nostri occhi.
Seguendo il crinale, ci troviamo a 1.194 metri, sulla cima di Monte Palazzolo. La vista sulla Valmarecchia si apre come un portale su un nuovo mondo mai visto. A questo punto, iniziamo a scendere. Eccoci a 1.036 metri di quota accanto a una vecchia celletta dedicata alla Madonna. Seguiamo sempre la strada sterrata, ossia il sentiero CAI 105, e continuiamo sino all’Eremo della Madonna del Faggio. Il Bosco di Pianacquadio ci attende ed è sempre più dietro l’angolo. Andiamo a destra, salendo nel bosco intenso e incrociando il sentiero CAI 102A.
Guardiamo sotto ai nostri piedi e notiamo un pavimento naturale formato da stratificazioni di calcare marnoso. Osservando bene, possiamo deliziare la nostra vista anche con dei meravigliosi fossili di gallerie scavate un tempo dagli animali: stiamo camminando su un vecchio fondale marino. Eccoci, poi, su un balcone naturale che spazia la vista su Valmarecchia. Un altro punto panoramico davvero incredibile ci attende accanto a una croce posta sul precipizio, che indica l’arrivo a Passo del Trabocchetto. Percorriamo 800 metri e riprendiamo a sinistra il sentiero CAI 105, attraversiamo il torrente Prena e saliamo. Ecco che, finalmente, ci ritroviamo accanto al Bosco di Pianacquadio.
Il Bosco di Pianacquadio non è composto unicamente da faggi. Troviamo anche l’acero di monte, il sorbo montano e addirittura il tasso, specie estremamente rara. Spiccano, inoltre, il maggiociondolo alpino, la fusaggine montana, il nocciolo e il ciliegio volpino. Il bosco si trova all’interno del Parco Sasso Simone e Simoncello.
Giornalista pubblicista e giurista, con la passione per il teatro e il trekking. Col mio lavoro mi impegno a esplorare e analizzare a fondo e in maniera trasversale le dinamiche sociali e intellettuali della nostra epoca, per una comunicazione efficace e coinvolgente, che consenta a tutti di avere libero accesso anche alle notizie più tecniche e complesse.
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