Nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, nascosto tra le ripide pareti del Monte Sibilla e della Priora, in un luogo detto Golubro, si trova un percorso spettacolare e incantevole, il cui nome suggerisce il fascino tetro del percorso. Stiamo parlando del sentiero nelle Gole dell’Infernaccio, uno dei luoghi più affascinanti della catena montuosa marchigiana e anche uno dei trekking più interessanti. Il percorso per le Gole dell’Infernaccio segue la Valle del Tenna, verso le sue sorgenti, e si districa in un luogo incredibile, nel cuore delle montagne e, soprattutto, in uno dei luoghi più importanti e suggestivi dei Sibillini. Proprio qui si ripercorrono le tracce di leggende e miti legati alla famosa Sibilla. Il nome singolare, invece, è intimamente legato alla sua sinistra bellezza: le cascate che si susseguono e il costante fragore del torrente che scorre sulle pareti rocciose creano un’atmosfera oscura e magnifica. Armatevi, dunque, di “coraggio” e scarponi e scoprite le Gole dell’Infernaccio!
Le gole si trovano nella Valle del Tenna, nella parte più orientale del massiccio dei Sibillini. Il centro abitato più vicino è il piccolo paese di Rubbiano, punto di partenza per l’escursione. A due passi dal comune si trovano i borghi medioevali di Montemonaco e Montefortino, due posti incredibilmente affascinanti e ricchi di storia e cultura. Da Rubbiano si percorre un breve tratto in macchina fino al sentiero vero e proprio, segnato dalla fine della strada comunale e da una sbarra. Dopo aver parcheggiato, ci si incammina lungo il sentiero E9 che taglia lungo il fianco della montagna. Dopo poco più di un chilometro, si incrocia per la prima volta il Tenna, che ci accompagnerà per tutta la gita. È proprio il fragoroso scorrere del fiume che, nel suo corso impetuoso, crea l’atmosfera tetra e unica che caratterizza la valle e questo trekking bellissimo. Una volta raggiunto il fiume, il sentiero lo attraversa nella strettoia chiamata le Pisciarelle, detta così per il gocciolare dell’acqua lungo le ripide pareti della gola.
Man mano che si risale il corso del Tenna, ci si immerge in uno splendido bosco di faggi e la vegetazione si fa sempre più fitta e rigogliosa. Dopo circa due chilometri nel bosco, si incontra il bivio per l’Eremo di San Leonardo. Normalmente il percorso proseguirebbe lungo la valle, ma in seguito al terremoto del 2016 il percorso è rimasto chiuso in certi punti. Per questo motivo, arrivati al bivio si inizia a salire in direzione dell’edificio religioso, un luogo incredibile che merita assolutamente una visita.
Eremo di San Leonardo alle Gole dell’Infernaccio [foto @ValerioMei / Shutterstock.com, solo per uso editoriale]
La storia di questo luogo di culto è particolarmente affascinante e vale la pena approfondirla. A partire dal X secolo, l’eremitismo si inizia a diffondere a macchia d’olio nell’area dei Sibillini, scelti proprio per la loro impenetrabilità. In queste montagne, diverse congregazioni monastiche (soprattutto benedettine) si stabilivano alla ricerca di un luogo sicuro e secluso. Lontani dalle vicissitudini frenetiche del mondo urbano che si stava sviluppando, qui i monaci eremitici potevano dedicarsi alla preghiera e al lavoro contadino. Non è, quindi, un caso che le impenetrabili Gole dell’Infernaccio fossero un luogo ideale per la fondazione di un eremo. Per 500 anni i monaci benedettini hanno animato la vita di questo incredibile posto, non senza difficoltà. Molti racconti e documenti storici dimostrano come la vita nelle gole fosse tutt’altro che semplice; il terreno difficile rendeva quasi impossibile un approvvigionamento continuo dell’eremo, mentre le nevicate lo tagliavano fuori dal mondo per mesi interi. Fu soprattutto per questi motivi che, nonostante il duro lavoro dei monaci, l’eremo fu abbandonato nel 1571.
Nel 1965, un frate cappuccino di nome Pietro Lavini si imbarcò in un progetto che lo coinvolse per tutta la vita: restaurare l’Eremo di San Leonardo in rovina e riportarlo al suo antico splendore, pietra dopo pietra. Dal 1971 fino alla sua morte nel 2015, Padre Pietro lavorò instancabilmente per ricostruire e preservare il luogo di culto. Durante i lavori furono ritrovati anche reperti che testimoniano l’importanza del Golubro come via di comunicazione nei secoli passati; tra questi, il frate ritrovò una moneta del XV secolo e una medaglia del 1625 con raffigurate quattro basiliche romane, probabilmente appartenute a un pellegrino di ritorno dalle celebrazioni dell’Anno Santo a Roma.
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